Girò il mondo cucinando per 20 anni prima di avere successo

Quando era un bambino, Nicolas Aubert, non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventato uno chef, la sua passione per i fornelli si accese intorno ai vent’anni, quando lavorò nelle cucine di tre diversi continenti. Il risultato di tutto quello che ha imparato nei suoi viaggi, che si parli di affari o di cucina, si può vedere nel suo acclamato ristorante Es Taller Valldemossa, a Maiorca.

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N26 Magazine -Edizione italiana

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All’età di 44 anni, Nicolas Aubert si definisce un esploratore e un avventuriero. Eh sì, un esploratore, perché è stato, e continua ad essere un giramondo, infatti, durante i suoi viaggi continua a scoprire nuove erbe e spezie che poi usa nella sua cucina. La parte avventurosa invece viene dal fatto che fonde tutte le sue scoperte per creare uno stile culinario unico. Per quanto riguarda l’innovazione, Nicolas è straordinario, c’è persino qualcuno che lo chiama il Jamie Oliver spagnolo, anche se in realtà questa comparazione non gli rende giustizia. Lui, infatti, è molto più audace e sperimenta sempre nuove cose e, per quanto riguarda lo stile e il modo di fare, è sicuramente unico nel suo genere.

“Sono abbastanza un teppistello in cucina!”

Nulla a che vedere con l’anarchia, certo, si può dire che ha una visione particolare della cucina. Non vuole essere classificato come chef: il suo obiettivo non è mai lo stesso, è in continua evoluzione.

“Di solito, quando conosco altri chef mi annoio a sentirli parlare delle loro tecniche culinarie. Io sono 100% freestyle.”

Tutto cominciò a casa

Lo stile di Nico affonda le sue origini in Argentina, dove passò la sua infanzia. La sua famiglia un mix di culture, infatti i suoi nonni erano: italiani, spagnoli, portoghesi e francesi. Questo significa, che quando andava a trovarli, non trovava mai lo stesso piatto sulla tavola.

Non c’era nessuno chef professionista di cui potesse, o volesse, seguire le tracce nella sua famiglia. A differenza degli altri chef infatti, non lo è diventato grazie alla sua passione per il cibo. L’ha fatto più per una questione pratica.

“Quando avevo 17 anni volevo viaggiare e pensai: cosa posso fare per girare il mondo? Realizzai che cucinare era un buon mezzo, quindi provai, mi accorsi che mi piaceva e alla fine, dopo un po’ di tempo, mi resi conto di essere diventato uno chef.”

All’inizio ottenne tutte le qualifiche necessarie, ma seppur giunto a quel punto, capì che lo snowboarding non gli avrebbe permesso di viaggiare. Quando salì sull’aereo a 22 anni, il suo piano era di partecipare ad alcune gare in Europa e tornare a Buenos Aires 3 mesi dopo. Ma non tornò mai. Cominciò invece ad usare la cucina come pretesto per viaggiare, passò un po’ di tempo nelle cucine di vari paesi come: Inghilterra, Spagna, Francia, Asia del sud, Africa del nord e Giappone e, fu proprio in questo periodo, che mise insieme alcuni elementi che poi avrebbero contribuito al successo del suo ristorante Es Taller. Il primo fu sicuramente imparare dagli altri.

Prima di aprire il mio ristorante, lavorai più o meno 20 anni sotto padrone e conobbi molte persone, alcune, quelle con una mentalità più aperta, alla fine risultarono essere quelle di successo. Ci sono molte persone che dicono: ‘Questo è il mio modo di fare’ e, la maggior parte delle volte, perdono occasioni meravigliose perché preferiscono non ascoltare la tua idea.”

Il secondo elemento lo apprese in Asia. Lì, la maggior parte dei ristoranti sono a conduzione familiare: i genitori, i nonni e i figli lavorano tutti insieme, giorno dopo giorno, alla loro attività. Ciò significa autenticità.

In Europa si tratta più di una questione professionale, mentre in Asia è una questione familiare. Quindi ho unito le due cose e ho provato a creare un’attività in casa. Inoltre, probabilmente la chiave del mio successo è che tutto è fatto a mano.”

Un posto tutto suo

Utilizzò le sue conoscenze per aprire il suo primo ristorante (di cui era co-proprietario) e probabilmente questo diventò il più famoso di Maiorca. Purtroppo dopo quattro anni, nel 2017, il rapporto col suo partner in affari si inasprì, “era diventato un incubo” e quindi decise di aprire il suo ristorante: Es Taller. Se per caso avessi ancora bisogno di una prova che Nico non fa le cose come le fanno gli altri, ti basti sapere che Es Taller, l’ha costruito da solo. Chiamò alcuni costruttori locali e trasformò un’officina in un ristorante, tutto questo con gli avvoltoi finanziari che lo aspettavano al varco.

“Stavo lì dalle 8.00 alle 22.00, aiutavo gli operai, trasportavo pietre ecc. Era stressante, ma quando finimmo pensai: guarda cos’ho fatto!”

Dopo che Es Taller fu terminato e aperto alla clientela, nel giugno di quest’anno, introdusse un altro elemento: le tapas. In questo caso Nico abbracciò un classico della cultura iberica facendo alcune modifiche (passò 11 anni a Ibiza, ma ad un certo punto pensò che fosse diventata troppo mainstream e si spostò a Maiorca). Le tapas sul suo menù riflettevano una mentalità internazionale, piuttosto che una locale e le recensioni strabilianti dei suoi piatti, dalla tartare di manzo, alle empanadas, all’insalata di quinoa, ai calamari fino alle patatas Bravas e al curry vegetariano Thai, ne sono una prova.

Sono i condimenti a fare la differenza

In un paese in cui il fatturato dei ristoranti e dei servizi di ristorazione sono diminuiti di quasi 10 miliardi di dollari negli ultimi 10 anni, le buone recensioni sono ciò che fanno andare avanti l’attività.

“Alle volte quando parlo con i miei amici, gli dico: ‘Non capisco perché i miei clienti ritengano la mia cucina così buona, probabilmente la chiave sono i condimenti’. Sono sicuramente quelli che la rendono magica.”

La sua bravura con i condimenti nasce da alcuni esperimenti che ha fatto in casa con gli ingredienti che ha portato dai suoi viaggi. Ha cominciato creando delle delle pietanze per sé e la sua morosa e poi, se erano buone, andavano direttamente nel menù. Giocare con i condimenti e crearne sempre di nuovi è interessante sia per Nico che per i suoi clienti, anche se alla fine c’è sempre un elemento costante: il maialino da latte. I locali infatti non gli permetteranno mai di toglierlo dal menù visto che amano la sua interpretazione francese del pasto tradizionale di quest’isola spagnola.

Condividere ciò che c’è sul menù

“Il cibo che creo è un mix di tutti i sapori che amo, che ho scoperto e che continuo a scoprire nei miei viaggi.”

Come ci si aspetterebbe da uno che ha imparato così tanto dal mondo, la filosofia di Nico è che il cibo dovrebbe essere condiviso. Lui, infatti, cerca di cerare un’atmosfera dove i clienti si possano sentire a loro agio, lavora sodo perché ci sia un’atmosfera accogliente con un servizio attento, un arredamento piacevole che sia al livello dei suoi piatti, che si distinguono così da quelli degli altri ristoranti. È orgoglioso di ciò che ha raggiunto con Es Taller, al punto che non riuscirebbe mai a lasciarsi tutto alle spalle, come ha fatto con l’Argentina molti anni fa.

Se dovessi mandare in pensione questo ristorante, probabilmente io ci andrei con lui.”

Nico ora sta pensando alla creazione di un orto biologico per Es Taller e sembra proprio che si stia decidendo a stabilirsi permanentemente a Maiorca, ma per un uomo che ha fatto così tante esperienze e che continua a trovare nuove strade da provare, questa sarà soltanto un’altra tappa del suo viaggio culinario.

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